giovedì 8 maggio 2014

I paesaggi di Lem



Immaginati in una stanza con una finestra chiusa.
Ti avvicini e la apri. Da dentro la sua cornice vedi onde di colline marezzate di verdi, il cielo azzurro e tutte le nuvole che vuoi. Ma sempre dall'interno della stanza.
Quello è un romanzo.
Ora metti i gomiti sul davanzale e affacciati alla finestra. Hai le spalle e la testa fuori, così tanto che la coda dell'occhio riesce a farti pensare che quel paesaggio sia infinito. E senti anche l'aria fresca dell'altopiano.
Quello è un romanzo di Stanislaw Lem.

Ho finito da poco La Voce del Padrone. Lo scrisse nel 1968. Io l'ho letto nel 2014 prendendolo in prestito dalla biblioteca online di MLOL, eppure mi sembra che Lem, nonostante quei 46 di distanza, sia altri 100 anni avanti a me.
È un libro che vorrei leggessero tutti, ma non lo consiglierei a nessuna delle persone che conosco.
La prima asserzione scaturisce dal fatto che se tutti leggessero libri simili non ci sarebbero più daspo, violenze, guerre, filorussi ucraini e bambine nigeriane rapite.
La seconda perché è un libro che richiede calma. Non ha niente a che fare con cliffhanger, metonimie, conflitti tra i personaggi; a un certo punto abbassa volontariamente anche i punti di climax anticipando fatti importanti.
Perché allora questo libro è bello?
Perché un libro che ha la sicurezza di farti evaporare la testa nelle ultime pagine nonostante abbia fatto di tutto per toglierti la suspense in quelle precedenti ha un coraggio grande così.
E perché in quelle ultime pagine l'immaginazione metafisica di Stanislaw Lem riesce a creare paesaggi che ti fanno arrivare i brividini sulla schiena. Mica paesaggi reali. Pensieri così giganteschi sul cosmo che è come quando da bambino provi a immaginare l'inizio del tutto. Cioè quando ti metti lì con calma e sei sicuro di trovare una soluzione che non ha ancora trovato nessuno. Ma non ci riesci, perché tutto è più grande di te. Il pensiero stesso lo è.

Stanislaw Lem è un gigante della letteratura. Non ho scritto "gigante della fantascienza" perché c'è sempre qualcuno che pensa questo genere sia solo un incubatore di film di Hollywood con le esplosioni, ma se quel qualcuno volesse leggere "Solaris" o "Barbagrigia" (di Aldiss) o "Futuro in trance" (di Tevis), si accorgerebbe che la filosofia e la metafisica possono trovarsi dove meno te lo aspetti o dove meno se lo aspettano i luoghi comuni; che sono comuni proprio perché non hanno alcuna voglia di essere approfonditi.

Di questo libro ho sottolineato 44 segmenti.
44...
Te ne lascio alcuni.

Uno smeraldo triangolare non cessa di essere uno smeraldo triangolare quando diventa un occhio umano nel disegno di un mosaico.
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 Le biblioteche nascondono interi filoni di potenziali scoperte, inutilizzate solo perché non sono cadute sotto gli occhi di qualcuno competente in materia.
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Uno dei primi compiti dello scienziato è di definire non le dimensioni del sapere acquisito, il quale si spiega da solo, ma le dimensioni dell’ignoranza, che di tale sapere è l’invisibile Atlante.
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Non capisco come mai si vieti di guidare l’automobile alle persone prive di patente, mentre ai librai è permesso ospitare sui propri scaffali le opere di gente priva della più elementare decenza.

E poi l'ultimo, anche se ce ne sarebbero di altri meravigliosi. Ma questo è curioso, perché nel 1968 Stanislaw Lem aveva predetto Facebook:

Fin dal suo nascere, la scrittura ha sempre trovato un nemico nella censura delle idee espresse. Tuttavia, accade talvolta che la libertà di parola si riveli un mezzo ancora più micidiale per il pensiero. Le idee proibite possono circolare clandestinamente; ma che fare quando un fatto importante affonda in un oceano di informazioni fasulle, quando la voce della verità viene sopraffatta da un inaudito tumulto e, per quanto liberamente si diffonda, non arriva a farsi udire, visto che le tecniche dell’informazione hanno creato una situazione in cui è sempre il messaggio urlato più forte, anche se il più menzognero, a venire più facilmente captato?







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